Commands & Colors: Ancients. Ticino di sangue
Cartaginese: Laura Beltrami
Passiamo al 218 AC, alla battaglia del Ticino, il primo scontro diretto tra cartaginesi e romani nella Seconda Guerra Punica. Annibale ha perso mezzo esercito sulle Alpi, e Publio Cornelio Scipione, padre di quello che diverrà poi noto come Scipione l'Africano, dopo aver tenuto d'occhio per un po' i cartaginesi decide di tentare un ingaggio. Che potranno mai fare questi barbari sui loro cavallini?
Beh, possono fargli un culo così. Perchè quei cavallini sono cavalli della Numidia, guidati dal comandante Maarbale, che dopo la mitologica traversata alpina non ha davvero la disposizione giusta per vedersi negato l'accesso alla Gallia Cisalpina, e intende quindi offrire resistenza. Come dargli torto. È dello stesso avviso l'indomabile Magone, a sua volta alla guida di un'ala di cavalleria numidica.
Le premesse. |
Lo scontro tra i romani di Scipione e la cavalleria cartaginese, guidata storicamente da Annibale, mentre qui lo scenario riporta Asdrubale (un errore?) si svolge quindi nelle radure adiacenti il fiume Ticino. I due generali hanno offerto immediatamente una sfida tattica al proprio avversario.
I cartaginesi hanno optato per un'avanzata ordinata, supportata da un attacco diversivo sul fronte rivolto proprio verso il Ticino. I romani, le cui forze sono composte in gran parte da cavalleria leggera e da un buon numero di cavalleria media, in parte gallica, hanno invece optato per un approccio conservativo. I primi assalti della cavalleria sono stati respinti. Al contempo, la fanteria ha cominciato a fare una serie di attacchi mordi-e-fuggi: gli uomini correvano in avanti accorciando la distanza che li separava dalla cavalleria, lanciavano i loro attacchi a distanza (presumo mediante l'uso di fionde), e poi tornavano ordinatamente nei ranghi di partenza. Quando infine la cavalleria pesante cartaginese è avanzata essi hanno persianamente oscurato il cielo con le loro frecce, lanciando una raffica di attacchi contro l'unità guidata da Asdrubale stesso.
Oscureremo il cielo con stocazzo. |
Va detto che la carica finale dei cartaginesi è stata piuttosto disordinata, ed ha scomposto enormemente le fila di questi ultimi, esponendone i soldati ai contrattacchi dei romani superstiti, ormai devastati ma ben posizionati in un cerchio di fedelissimi pronti a tutto per portare a casa la pelle. Questo alla lunga avrebbe potuto virtualmente costituire un problema per il cartaginese, che a questo punto ha infatti incassato una seconda perdita sul lato del campo di battaglia opposto rispetto al fiume, per mano della tenace cavalleria romana.
Se non che in questo gioco la gente scappa quando ci sono troppi morti. E a questo punto, quindi, il morale romano era talmente malmesso che bastava poco per mandarli definitivamente in rotta. Distrutta un'unità di cavalleria gallica, caduta vittima di un attacco a distanza clamorosamente ben coordinato (leggi: sculato) i romani hanno girato sui tacchi e sono fuggiti a gambe levate, lasciando sul campo di battaglia migliaia di soldati caduti.
Un finale storicamente accurato, va detto. Ha pagato in tal senso il maggior controllo del campo di battaglia da parte del cartaginese: non avanzare ha esposto i romani a fughe repentine dei propri soldati, cosa che certamente ha contribuito alla loro sconfitta. La carica finale della cavalleria iberica, che si è cercata di prevenire mediante attacchi a distanza preventivi, è stata una martellata a cui neanche la più tenace delle fanterie leggere avrebbe potuto offrire resistenza.
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L'inizio dell'avanzata cartaginese. |
Cavalleria numidica. |
Romanacci. |
Muovi-spara-muori. |
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