Kingdom of Heaven. Antiochia e altre disgrazie: la seconda crociata

Scenario B, "Quantum Praedecessores: La seconda crociata".
Cristiana: Laura Beltrami
Musulmano: Alex Isabelle

Quarantacinque anni. È trascorso quasi mezzo secolo dal termine della prima crociata, con la quale, come abbiamo visto nel report del primo scenario, il mondo cristiano tutto ha dubitato del fatto che la riconquista della terra santa fosse cosa gradita agli occhi dell'Altissimo. La storia delle crociate è però fatta di visioni celesti, di glorie annichilenti, di fallimenti romantici. Insomma: l'anima dell'Uomo non è fatta per cedere facilmente - non è forse questa una delle sue qualità? - e, nel caso di valorosi guerrieri d'alti ideali, di certo non al primo passo falso. Quindi ecco che a quel primo esperimento ne fa seguito un altro: una seconda crociata per mezzo della quale sarà possibile emendare le colpe e gli errori della prima.

Nel corso dei trent'anni successivi la guerra non si è mai fermata, e i cristiani hanno continuato ad erodere, piano piano, i possedimenti musulmani, creando i cosiddetti Stati Crociati. Questo è andato avanti fino agli anni '40, cioè fino a quando l'Imperatore Bizantino Giovanni II si è presentato ad Antiochia prendendone il controllo per un po', per poi morire nel 1143 e creare un vuoto di potere tale da dare ai turchi selgiuchidi, guidati ora da ‘Imād al-Dīn Zengī (il nuovo Atabeg di Mosul), la possibilità di colpire duramente gli Stati Crociati.

Notiamo che sono sempre gli ortodossi a creare i presupposti per un'invasione musulmana, e che è sempre Antiochia il flagello dei leader crociati. Sta di fatto che questo è il nostro setup: siamo nel 1144 e Zengī, con un bell'esercito a Mosul, si prepara a cavalcare verso la sguarnita città di Edessa. La seconda crociata non è ancora stata convocata, ma lo sarà se i selgiuchidi espanderanno i propri confini oltre quelli attuali.

I musulmani pensano
ad un piano d'azione

Kingdom of Heaven è generoso, perché ogni partita fa caso a sé: il setup dello scenario è sempre storico e non tiene conto dell'esito della partita precedente. Ecco dunque come sono andate le cose nella storia canonica: i crociati hanno vinto la prima crociata e hanno passato qualche tempo a consolidare il loro potere nel territorio. Boemondo, quello che da noi era morto nell'"epidemia" fuori dalle mura di Antiochia, ha messo in piedi il Principato di Antiochia, dove ora regnano i suoi eredi. Più a sud, Raimondo il Sifilitico ha contribuito a instaurare la Contea di Tripoli, per poi morire prima di vedere la conclusione dei lavori. Il Regno di Gerusalemme, che si sperava sarebbe rimasto senza un Re dopo il rifiuto di Raimondo di prendere la corona, è stato invece preso in carico da Goffredo di Buglione, uno dei superstisti della nostra partita precedente.

Nel corso dei trent'anni successivi la guerra non si è mai fermata, e i cristiani hanno continuato ad erodere, piano piano, i possedimenti musulmani, creando i cosiddetti Stati Crociati. Questo è andato avanti fino agli anni '40, cioè fino a quando l'Imperatore Bizantino Giovanni II si è presentato ad Antiochia prendendone il controllo per un po', per poi morire nel 1143 e creare un vuoto di potere tale da dare ai turchi selgiuchidi, guidati ora da ‘Imād al-Dīn Zengī (il nuovo Atabeg di Mosul), la possibilità di colpire duramente gli Stati Crociati.

Notiamo che sono sempre gli ortodossi a creare i presupposti per un'invasione musulmana, e che è sempre Antiochia il flagello dei leader crociati. Sta di fatto che questo è il nostro setup: siamo nel 1144 e Zengī, con un bell'esercito a Mosul, si prepara a cavalcare verso la sguarnita città di Edessa. La seconda crociata non è ancora stata convocata, ma lo sarà se i selgiuchidi espanderanno i propri confini oltre quelli attuali.

Gli assedi di Edessa ed Aleppo

E la mossa d'apertura che dà inizio a tutto è... la morte di Zengī. Il giocatore musulmano stesso gioca la carta che determina il suo assassinio per mano di uno schiavo eunuco. La successione, che storicamente è stata complicata, nel nostro caso è immediata: a prendere il suo posto arriva il figlio Norandino (da Laura pronunciato calcisticamente Norandinho), un leader che ha tutti i numeri per possedere le forze cristiane con la violenza di un demonio. Immediatamente egli parte verso Edessa, come voleva fare il padre, e la cinge d'assedio.

Il Conte di Edessa, Joscelyn II, non è in casa. Nella vicina Antiochia, conscio che la città è destinata a cadere, egli sta già organizzando il contrattacco. Mentre Norandino procede ad occupare la sua città egli, assieme al Conte di Tripoli Raimondo II e al Principe di Antiochia Raimondo di Poitiers, marcia dunque verso la città di Aleppo, in questo momento segnata da certi disordini alimentati dalle minoranze sciite e difesa unicamente da un ignoto "emiro". Così come la volta scorsa un giro su Wikipedia ha rivelato la possibile identità di questo personaggio: trattasi probabilmente di Asad al-Dīn Shīrkūh, Atabeg d'Aleppo, principale generale di Norandino e persino zio di Saladino, il quale in questo momento storico è ancora un infante.

Il pool di forze selgiuchidi in attesa di essere piazzate,
all'inizio del turno. Da notare Raimondo di Poitiers, catturato

Mentre l'assedio di Edessa procede speditamente (anche per mancanza di un leader che gestisca le truppe all'interno delle mura), quello di Aleppo è un'Odissea. Le truppe assedianti sono poche, anche se valorose - tra di loro si contano alcuni Ospitalieri - e rischiano di essere raggiunte dalle forze di Norandino ("Ah, Norandinho...!"), fatto che alimenta la foga dei difensori. Nel corso di alcune schermaglie qualche cristiano già ci lascia le penne. Nel frattempo, Edessa cade. È a quel punto che Norandino marcia effettivamente con i suoi uomini verso Aleppo; in una battaglia sanguinosissima  eglisgretola le forze cristiane impegnate nell'assedio. Da quella macelleria non si salverà nessuno. Due dei leader stessi, Jocelyn II e Raimondo II, vengono passati a fil di spada, mentre Raimondo di Poitiers viene catturato. La notizia della schiacciante vittoria musulmana si sparge a macchia d'olio in tutti gli Stati Crociati ed oltre, giungendo addirittura alle orecchie di Mu'in al-Din Unur, governatore di Damasco.

Damasco si è mantenuta finora neutrale. Tuttavia, ricevendo notizia di questa battaglia, Unur si rende conto che questo potrebbe essere il momento giusto per unirsi ai giochi e partecipare alla riconquista degli Stati Crociati, siglando un'alleanza con i turchi. Ricevuto il diplomatico selgiuchide, sul finire del 1144 egli accetta le proposte di Norandino. Parteciperà alla guerra, seppur lasciando un'apertura al dialogo anche con i cristiani, nel caso in cui ciò potesse tornargli utile.

All'alba del 1145, dunque, la lega musulmana si è arricchita dei rinforzi selgiuchidi e delle forze damascene. Norandino riparte da Mosul, dove era tornato durante la smobilitazione invernale, raggiungendo Shīrkūh, che era rimasto ad Aleppo. Assieme i due si dirigono verso Antiochia, che è molto vicina, ma decidono di fare una breve sosta al piccolo forte di Gaston, un castello fatto costruire dal Principato di Antiochia vicino al confine. Quest'ultimo, privo com'è di una guarnigione degna di questo nome, si arrende subito. Da punto difensivo di Antiochia diverrà quindi un rifugio sicuro per i selgiuchidi, che a questo punto ne rinforzano le difese per poi proseguire verso la capitale.

La raffica di eventi che ha risolto
l'assedio di Antiochia

Ne segue un assedio lungo pochi mesi. Il porto della città viene bloccato, e mentre i musulmani scavano sotto le mura, lavorando alacremente per creare un passaggio che li porti fin dentro alla città, i pozzi di quest'ultima si seccano ed i ratti ne infestano le riserve alimentari. Anche se le truppe al suo interno sono numerose esse sono senza un leader che le comandi, e la loro resistenza è a terra per via degli stenti a cui sono ridotte. Nel giro di un paio di assalti Antiochia, quindi, cade.

Ha qui inizio un nuovo gioco diplomatico, un tira e molla tra i selgiuchidi e l'Emirato dei Fatimidi, che esattamente come nel precedente scenario controllano l'Egitto e sono del tutto neutrali. Norandino, dopo la conquista di Antiochia, ritiene che questa avventura dovrebbe bastare a convincere i fatimidi che la causa contro i cristiani è gradita all'Altissimo. Viene inviato un diplomatico, che però viene rispedito a Mosul a mani vuote. I fatimidi non ne vogliono sapere.

Mentre ciò avviene si muove verso nord, in un tentativo di intervenire sul fato della città, Manasse di Hierges, connestabile (ovvero primo ufficiale) del Regno di Gerusalemme, attualmente presieduto dalla Regina Melisenda. Dopo aver raccolto un moderato gruppo nel nord del Regno egli si dirige dritto su Damasco, attualmente difesa unicamente dalle malamente addestrate truppe damascene e da Unur. A rompere l'assedio interviene ancora una volta Norandino, che elimina le forze cristiane e cattura Manasse.

Così come i loro leader le capitali degli Stati Crociati, nel corso di questi due anni di jihad, sono cadute pressoché tutte in mano musulmana. Si salvano solo Tripoli, Gerusalemme e Acri. Norandino, che ormai ritiene di avere gioco facile, nonostante le esitazioni degli sciiti, raggruppa una manciata di truppe e raggiunge Tripoli, cingendola d'assedio assieme alle forze di Unur. Nel frattempo, i cristiani si riorganizzano. Viene organizzato un riscatto per Manasse e Raimondo. La Regina Melisenda di Gerusalemme contatta il Papa chiedendo con urgenza che venga fatto qualcosa.

Viene perciò convocata immediatamente una seconda crociata, del tutto analoga alla precedente. Il contingente principale è composto da franchi e da germani, i quali decidono di seguire lo stesso percorso aperto quasi cinquant'anni prima dai loro colleghi. Tuttavia, prima ancora che essi arrivino, sul finire del 1146 approda ad Acri un piccolo distaccamento di crociati, presumibilmente inglesi, essendo guidati da tale Lord James. Egli, con un manipolo di crociati piuttosto ridotto ma decisamente incazzato, raccolta sotto la sua ala anche una banda fedele a Gerusalemme, si scaglia contro le forze di Norandino, numericamente superiori ma del tutto impreparate allo scontro. Queste ultime devono ritirarsi a Baalbek, in direzione di Damasco. Tripoli, per il momento, è salva.

Il 1147 è l'anno della svolta. Comincia a tutti gli effetti la Seconda Crociata. Come già preannunciato, un grosso contingente di franchi e germani, guidati da Corrado I e Luigi VII, si presenta a Costantinopoli. Storicamente la traversata della Turchia fu un bagno di sangue, ma in questo caso i dadi hanno clemenza, permettendo ai crociati di giungere abbastanza incolumi fino all'Armenia Inferiore. Al contempo, i musulmani conducono nuove trattative coi fatimidi, facendo loro notare che questi cristiani sono un problema che va estirpato alla radice, ma loro ancora non ne vogliono sapere.

Anche questo è un anno, quindi, di grandi manovre. Si giunge finalmente ad uno scontro aperto solamente nel 1148, quando i crociati, raccolte le forze di Antiochia ad Alexandretta, si incamminano verso Edessa, cingendola in un assedio dal destino segnato in partenza. Dal momento che le truppe di Lord James e di Manasse si sono per lo più barricate a Gerusalemme, tuttavia, Norandino torna a cavalcare fino a Tripoli ed ordina la resa immediata della città. Nel momento in cui Edessa cade, tornando a battere bandiera cristiana, Tripoli torna ad essere musulmana. Quest'ultima vale meno punti vittoria, ma si tratta comunque di un discreto diversivo, nonché di un'utile "fermino" nel caso in cui Damasco dovesse cambiare lato della barricata, fatto che comporterebbe un'emorragia di punti non indifferente per i selgiuchidi.

La caduta di Tripoli, tra l'altro, non passa inosservata nel mondo musulmano, e per la terza volta i selgiuchidi chiedono ai fatimidi un incontro. Niente da fare, non ne vogliono sapere. Al che i cristiani proseguono con la loro riconquista e si dirigono verso Antiochia.

La pila di morti cattolici e ortodossi.
Più su, in galera, Shīrkūh

Anche stavolta quest'ultima si rivela essere il flagello dei crociati: l'assedio, per quanto a senso unico, è disgraziatamente lungo. A difesa della città c'è un discreto contingente di truppe guidato dal prode Shīrkūh, il cui valore dà speranza ai soldati asserragliati dentro alle mura. Sfiga vuole, tra l'altro, che i leader cristiani si fossero presentati ad Antiochia con una mano particolarmente scarna di idee su come prendere effettivamente la città, che alla fin della fiera cade, resistendo però gloriosamente fino a metà del 1149. Shīrkūh verrà catturato.

Lasciando perdere il nord della regione, Norandino intanto prosegue nelle sue avventure, riuscendo a conquistare anche un'Acri rimasta ormai deserta, e rivolge ai fatimidi un ultimo appello al mutuo interesse. Quest'ultimi, anche per via della contro-diplomazia operata dai cristiani, per una quarta volta non ne vogliono sapere. Al che Norandino si rompe le palle e, visto che ormai la partita è vinta, invade il territorio sciita, attaccando Ascalona, fortezza fatimide, così da uccidere qualche stronzo e dare il buon esempio.

Più a nord, i crociati, già stanchi per le vicissitudini dell'assedio di Antiochia, non ce la fanno a proseguire verso Aleppo e ripiegano simbolicamente verso quel forte di Gaston che era stato espugnato da Norandino nel 1145. Non riusciranno comunque a riconquistarlo.

Alla conclusione delle operazioni, per quanto il contrattacco crociato sia riuscito a riportare Edessa ed Antiochia all'ordine, Tripoli ed Acri sono di proprietà sunnita. Questo basterebbe a segnare la vittoria selgiuchide, anche se di poco. Tuttavia, l'appoggio di Damasco, inizialmente esitante e poi deciso, porta alla fazione musulmana quella manciata di punti vittoria extra, tale da confermare definitivamente la sconfitta dei cristiani in questa seconda crociata.

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